La scuola delle figlie confina con la scuola statale Lenin1, condividono giardino e palestra. Alla scuola Lenin1 tutti hanno la divisa (camicia bianca, pantalone-gonna nero), i maschi hanno la cravatta, le bambine più piccole enormi fiocchi bianchi applicati in testa. Sorridono come solo alla loro età si può sorridere. Gli adolescenti escono in gruppi e mentre le ragazzine parlottano ridendo tra loro, i giovanotti le seguono baldanzosi. Non sono sbrindellati come i nostri ragazzini: non masticano bubble gum, non hanno piercing, non urlano per la strada e hanno le scarpe allacciate e lo zaino sulle (due) spalle. Sono belli.
La scuola delle figlie segue il modello americano. Comunicazioni esclusivamente on line, incontri frequenti, brunch del sabato perchè le famiglie possano familiarizzare e... i compiti a casa.
Figlia numero due è felice: torna a casa col suo gigantesco zaino (prodotto locale, acquistato esclusivamente per il colore rosa!), tira fuori la sua cartellina e seria seria, dall'alto dei suoi quasi 3 anni si mette seriamente al lavoro: colorare, tracciare righe, segni, ripetere numeri, suoni, colori e parole in una lingua che non è la sua. Si impegna come una matta! E impara.
Figlia numero uno è meno felice: torna a casa col suo zainetto mini che contine una cartellina piena zeppa di compiti. Matematica, lingua inglese (intensiva), geografia. Da stamattina tutta la famiglia è in preda al panico per la ricerca sul Canada: un pomeriggio di tempo per organizzare un viaggio virtuale che tocchi tre luoghi importanti dello stato, descrivendo, allegando mappe e foto e calcolando le distanze percorse durante il viaggio (evviva google maps!). Anche lei si impegna come una matta e tutta la famiglia impara qualcosa!
Il meccanismo funziona (niente da dire!) e io sono (piacevolmente) sconcertata dall'approccio scolastico.